Astianatte
che vide la luce sotto quel platano,
un giorno che squillavano le trombe e lampeggiavano armi
e i cavalli sudati si chinavano a lambire
con le umide froge nella vasca
la verde superficie dell'acqua.
Gli ulivi con le rughe dei nostri genitori
le rocce con la saggezza dei nostri genitori
e il sangue del fratello, fresco nella terra,
erano una gioia viva, un assetto ricco
per le anime che conoscevano la preghiera.
Ora che te ne vai, ora che spunta il giorno della paga,
ora che nessuno conosce
la sua vittima né la propria fine,
prendi con te il bambino che vide la luce
sotto le foglie di quel platano
e insegnagli a studiare gli alberi.
da Le poesie, Ghiorgos Seferis, Crocetti Editore
φροῦδαί σοι θυσίαι χορῶν τ'
εὔφημοι κέλαδοι κατ' ὄρφ-
ναν τε παννυχίδες θεῶν
non ci saranno più sacrifici
voci ben auguranti di cori
veglie per gli dèi nel buio delle notti
(Le Troiane, vv. 1071-1074)
Una mattina assolata. L'alba sorge sulle mura della città di Troia: del fumo si alza dalle tende dei principi greci e da quelle dei loro soldati, innumerevoli attorniano la città assediata. Come ormai da lungo tempo il suono dilamenti e pianti, laggiù nel campo dei nemici e tra le strade e le case vicine. Nulla sarà risparmiato a chi il Fato avrà voluto abbandonare alla sconfitta.
E' questo il momento in cui l'io lirico comincia: ora che te ne vai. Si rivolge ad una donna che sta per lasciare la sua terra con il figlio sotto il braccio. Conoscendo il titolo della poesia, capiamo che la donna non può essere che Andromaca, moglie di Ettore. Il poeta si sforza qui di sottrarla al destino funesto che l'attende nei racconti del mito: Seferis si ribella, ha deciso che almeno nei suoi versi lei non vedrà la distruzione di tutto ciò che ha amato e non andrà schiava in terra straniera. La voce che parla potrebbe essere quella di Ettore che le indica il platano laggiù sotto la cui ombra è nato il figlio che porta in braccio. Era il tempo in cui lo squillare delle trombe e il clangore delle armi annunciavano che era ancora possibile sperare.
La seconda strofa è attraversata da un altro respiro, quello della memoria. Lo sguardo abbraccia gli ulivi e le rocce dintorno. Su questo paesaggio dell'anima gli anni hanno tracciato i loro segni: rughe, affanni, e sogni, insieme alla saggezza che ora sembra salire verso il cielo come il fumo dai roghi non spenti. Persino il sangue fraterno che abbeverava la terra mai sazia era una gioia viva per le anime che conoscevano la preghiera. Ma ora, in questa mattina, è chiaro a tutti che gli dei hanno distolto per sempre lo sguardo dalla sventura della città.
L'ultimo movimento della poesia coincide con lo sguardo che accompagna la Madre verso la nave in procinto di partire. Questo è il giorno della paga ! Ma che vuol dire questa espressione? A cosa allude? Misterioso questo verso e molto bello. Forse la mattina in cui Andromaca rifiuta l'ingiunzione del destino che l'aspetta e sceglie di salvarsi con suo figlio è anche il giorno in cui per ciascuno si manifesta che il destino ha preparato qualcosa per ognuno: Ettore dovrà provare la vergogna della paura prima di morire da valoroso nel duello contro Achille e subito dopo sarà questo a cadere per mano dell'inetto e vile Paride; le armi di Achille non andranno ad Aiace che le meritava più di ogni altro, i moniti di Cassandra non saranno ascoltati e così via. Non c'è giustizia nel mondo di Omero, solo un'amara equità, struggente e nobilmente accolta. Alla fine di questa lunga storia, cominciata forse con una mela d'oro lasciata cadere durante un banchetto, ognuno avrà la sua paga, anche se forse non quella che aveva previsto.
Sulla via dell'esilio si incamminano invece Andromaca con il figlio e le donne troiane, ma un ultimo ammonimento giunge, con un tono che a me pare profondo e premuroso: insegnagli a studiare gli alberi, quasi il responso di un oracolo. Altro non si dice. Non c'è tempo. Ecco le donne, salite sulle navi, già volgono lo sguardo al mare.
Che le madri ascoltino la voce del poeta: insegnagli a studiare gli alberi
Nel suo discorso al momento dell'accettazione del premio Nobel Seferis disse alcune cose che vale la pena riportare nei giorni che stiamo vivendo: " [...] credo che la poesia sia necessaria a questo mondo moderno in cui siamo affetti da ansia e paura. La poesia ha le sue radici nel respiro umano: e cosa mai saremmo se il nostro respiro dovesse venir meno? La poesia è un atto di fiducia: e chi sa se il nostro disagio non dipenda da una mancanza di fiducia?
Oggi dobbiamo ascoltare quella voce umana che chiamiamo poesia, quella voce che rischia sempre di andare estinta per mancanza di amore, ma che sempre rinasce. Minacciata, trova sempre un rifugio. Rifiutata, rimette sempre radice nei luoghi più impensabili. Non fa distinzione tra luoghi grandi o piccoli; la sua patria è nel cuore degli uomini di tutto il mondo; ha la forza di scongiurare il circolo vizioso dell'abitudine."
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