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lunedì 13 luglio 2020

come miniera di rubini sii aperto all'influsso dei raggi del sole





VIAGGIO


Se l'albero potesse muoversi, e avesse piedi ed ali
non penerebbe segato, né soffrirebbe ferite d'accetta.

E se il Sole non viaggiasse con piedi ed ali ogni notte
come potrebbe illuminarsi il mondo all'aurora?

E se l'acqua amara non salisse dal mare nel cielo
come avrebbe vita nuova il giardino con pioggia e ruscelli?

Partì la goccia dalla patria, e tornò,
trovò la conchiglia e divenne perla.

Non partì Giuseppe in viaggio dando l'addio al padre piangente?
E, viaggiando, non ottenne fortuna e regno e vittoria?

E Muhammad non partì forse in viaggio verso Medina,
e sovranità ottenne, e fu re su cento paesi?

Anche se tu non hai piedi, scegli di viaggiare in te stesso,
come miniera di rubini sii aperto all'influsso dei raggi del sole.

O uomo ! Viaggia da te stesso in te stesso,
ché da simile viaggio la terra diventa purissimo oro.

Avanza da amarezza ed acredine verso dolcezza,
ché da suolo amaro e salato nascono mille specie di frutta!


di Jalal ad-din Rûmî

domenica 19 gennaio 2020

ama e non si rende conto d'amare


Guido Reni Atalanta ed Ippomene

Il mito di Atalanta è molto antico, compare già in un frammento di Esiodo, Omero poi conosceva il racconto della caccia di Calidonia e della triste fine di Meleagro, in cui la bella cacciatrice - ma questo Omero preferisce tacerlo - ebbe un ruolo fondamentale. La storia di Atalanta, è ripresa infine da Ovidio nel decimo libro delle Metamorfosi; per bocca della stessa Venere veniamo a sapere del modo in cui finalmente la giovane figlia di Scheneo giunse alle nozze e all'amore. 

Atalanta rifiuta il matrimonio, le sta stretto il ruolo di moglie, piuttosto che allevare figli preferisce vagare per monti e selve armata di arco e frecce. La sua bellezza però attirava pretendenti da tutta la Grecia. Ad essi imponeva una dura condizione: una corsa avrebbe deciso il loro destino, le nozze per chi l'avesse vinta, la morte per chi risultasse sconfitto. Al luogo della gara era giunto anche il giovane e bellissimo Ippomene, che vinto dal desiderio per la bella cacciatrice decide di accettare la sfida. Atalanta sa che il giovane non ha alcuna speranza e per la prima volta prova un sentimento a cui non sa dare nome ...

Ippomene tuttavia riuscirà vittorioso, grazie ad alcune mele d'oro, avute in dono da Afrodite, dalle quali emanava un fascino irresistibile e che decideranno la gara. E' proprio questa la scena raffigurata da Guido Reni nel quadro esposto al Museo Nazionale di Capodimonte.

Lasciamo la parola ora ad Ovidio

Mentre parla, la figlia di Scheneo lo guarda illanguidita
e più non sa cosa preferire, se vincere o essere vinta.
E pensa: 'Quale dio, nemico della bellezza, vuol perdere
 costui, spingendolo a chiedere la mia mano, a rischio
della sua vita preziosa? Non penso di valere tanto!
E non è la sua bellezza a toccarmi (anche se toccarmi potrebbe),
ma il fatto che è ancora un ragazzo. Non mi turba lui, ma l'età sua.
Ma poi, è tanto prode da non tremare al pensiero della morte?
è veramente il quarto nella discendenza dal nume del mare?
e ancora, mi ama e brama di sposarmi sino al punto
di morire, se una sorte crudele dovesse negarmi a lui?
Vattene, straniero, finché puoi; rinuncia a queste nozze di sangue.
Matrimonio crudele è il mio. Nessuna rifiuterà di sposarti,
troverai sicuramente una fanciulla saggia che ti desideri.
Ma perché per te mi angoscio, dopo averne mandati a morte tanti?
Vedrà lui! Che muoia dunque, se la strage di tanti pretendenti
non gli è servita di lezione e in tale disgusto tiene la vita.
Ma allora morirà, perché con me voleva vivere,
e sconterà con una morte ingiusta la colpa d'avermi amato?
La mia vittoria non sarà certo tale da suscitare invidia.
Ma non è colpa mia. Avessi tu almeno il senno di rinunciare!
o, visto che non ragioni più, fossi almeno più veloce!
Oh, che sguardo virgineo in quel suo viso di fanciullo!
Povero Ippòmene, come vorrei che tu non m'avessi mai visto!
Meritavi di vivere; e se più fortunata io fossi,
se un destino inesorabile non m'impedisse le nozze,
tu eri l'unico, che avrei voluto avere accanto nel mio letto'.
Così ragiona, e inesperta com'è, toccata dal suo primo amore,
non sapendo che cosa sia, ama e non si rende conto d'amare.

I versi di Ovidio ci mostrano i momenti precedenti l'inizio della gara e si concentrano sull'interiorità della bionda cacciatrice. Il suo animo è per la prima volta incerto, non sa cosa sia meglio, non sa cosa lei vuole davvero. Vincere o essere vinta ed amare? Sembra quasi che smarrisca il senso stesso della sua identità quando si chiede se davvero vale così tanto. Tutto il discorso di Atalanta è scandito da un incessante sequenza di ma e di antitesi, da un alternarsi di decisioni e di ripensamenti, di speranze - rinuncia a queste nozze di sangue - e rassegnazione - Povero Ippòmene [...] Meritavi di vivere. Nel turbamento dell'animo risuonano i congiuntivi dell'impossibilità: Avessi tu almeno il senno di rinunciare! o ancora, fossi almeno più veloce! Fino al verso più bello, perché in fondo sappiamo tutti che non è vero quel che la mente della bella Atalanta va ripetendosi: vorrei che tu non m'avessi mai visto! 

Nel racconto di Ovidio l'amore è prima di tutto un mutamento del senso della vista. Quello che abbiamo sempre veduto in un certo modo ora diviene altro: il contendente da sconfiggere ora diventa un giovane che merita di vivere, il ruolo che si crede di aver scelto una sorte crudele, un destino inesorabile. Tale visione ha come effetto quello di mutare non di meno il soggetto che osserva il mondo attorno a sé. Egli non sa più con certezza chi è, Ma perché per te mi angoscio, dopo averne mandati a morte tanti? La bionda guerriera, "un'Artemide alla sedicesima" - come alcuni l'hanno definita - non può smettere di porsi domande alle quali non aveva mai pensato prima. Non è più la stessa, quasi contro la sua volontà e prima ancora di cogliere le mele d'oro che l'astuto Ippomene getterà sul suo cammino, non sapendo che cosa sia, ama e non si rende conto d'amare.


Il poeta persiano Jalal ad-din Rumi, detto il Moulana (il Maestro) nato nel 1207, mi sembra esprimere al meglio tale forza dell'amore in questi versi tratti dal suo canzoniere, il Divan:

Tu mi domandi, "A chi appartieni?" "Che cosa ne so, io?"
Mi chiedi: "Perché sei così pazzo?" "Che cosa ne so, io?"
Mi domandi:"Come puoi, così vecchio e malfermo,
aspirare al mio amore?" "Che cosa ne so, io?"
Sono sbattuto tra le onde dell'oceano del tuo amore.
Mi domandi:"Dove sei?" "Che cosa ne so, io?"
Mi domandi:" Ma perché sei in questa gabbia,
se sei un uccello dell'aria? " Che cosa ne so, io?
Camminavo sulla buona via, ma mi smarrii
a causa di quel Turco del Katai . Che cosa ne so, io?
E ora non distinguo sventura da piacere.
Tu sei il culmine nella gioiosa avversità. Che cosa ne so, io?


L'esperienza dell'amore non è solo lo sconvolgimento di cui i poeti hanno cantato, ma uno sguardo che non osserva più il mondo nello stesso modo, una temperatura della luce che sfida le leggi della fisica e del tempo ... il congiuntivo dell'impossibilità che custodisce da sempre il respiro degli amanti.

mercoledì 3 luglio 2019

... incontriamoci là


   
 



             Di là dalle idee, di là da ciò che è giusto e ingiusto, c’è 

un luogo. Incontriamoci là.


                                                                                                       Jalal ad-din Rumi

Abbiamo un appuntamento dice Jalal ad-din Rumi, in un luogo al di là delle idee, al di là del giusto e dell'ingiusto; questa cosa colpisce immediatamente e ci coinvolge in un'atmosfera rarefatta ed evocativa, in un mondo altro, un mondo che immaginiamo (ma qui la parola "immaginazione" rivela il suo privilegio e il suo limite) straordinario e magnifico. Non le idee, né i principi, nemmeno quelli morali consentono l'accesso a tale mondo, che si trova al di là di ciò che la parola e la mente umana possono definire. 

Il poeta si rivolge ad un tu. Non dice nulla su chi sia: quanti anni ha? come si sono conosciuti? perché non sono insieme? Non lo sappiamo, ma una cosa invece ci è chiara che questo è davvero l'appuntamento che non si deve mancare, per nulla al mondo.

Io lo so che questo tu è la persona che il poeta ama. La chiameremo proprio così l'amata. Lo so che è così perché i programmi, le esigenze di indipendenza, le idee astratte, i giudizi su ciò che è giusto e ciò che non lo è, i valori non negoziabili segnano confini, barriere, limiti, definiscono gli spazi entro i quali accettiamo o rifiutiamo l'intimità. 

Non così l'amore.

C'è un passo del Cantico dei Cantici, al capitolo 5,  che illumina in modo perfetto questa natura dell'amore: l'amata sta dormendo, quando sente fuori dalla porta il suo diletto che bussa e che le dice:

«Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, perfetta mia;
perché il mio capo è bagnato di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne».

Quando il diletto mette la mano nello spiraglio della porta, un fremito la sconvolge:

Mi sono alzata per aprire al mio diletto
e le mie mani stillavano mirra,
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.

Corre infine ad aprire, ma il diletto se n'è andato, è scomparso e l'amata viene meno, lo cerca, ma non lo trova, lo chiama, ma non ha risposta. Allora esce di casa, nel cuore della notte, incurante del giusto e dell'ingiusto, del pudore, della reputazione, come una brava ragazza non farebbe mai...

Mi han trovato le guardie che perlustrano la città;
mi han percosso, mi hanno ferito,
mi han tolto il mantello
le guardie delle mura.


Il mantello nel linguaggio semitico orientale ha un forte valore simbolico. Tra le altre cose poiché proteggeva dal freddo e dal caldo, alcuni brani della Torah obbligavano il creditore a restituirlo qualora lo avesse avuto come pegno per un debito. Insomma è ciò che non si può togliere a un uomo senza violarne la dignità.

Una donna percossa dalle guardie, senza mantello, nella notte ... incamminata al di là delle idee, di là dal giusto e dell'ingiusto verso l'appuntamento più importante della sua vita... è lì che il diletto l'aspetta... 

E' di quel luogo che ci parla il poeta.


Ciò che è vero per l'amore terreno è come il riflesso dell'amore verso Dio: "Bellezza e Amore, d'altra parte, sono due cardini del Sufismo, dove naturalmente si tratta, sotto il velo di metafore e simboli
tratti dal mondo naturale e umano, sempre e soltanto della Bellezza e dell'Amore supremi, cioè dell'unica indicibile Realtà ultima, origine di tutte le realtà sensibili, godibili e dunque dicibili, perché create, finite. (da Persia Mistica, vedi sotto)" 

Se siete interessati ad approfondire qui trovate alcuni spunti interessanti :

Jalal ad-din Rumi (1207-1273), detto il Moulana - il nostro Signore,il Maestro -, è senza dubbio il più grande e il più amato tra i poeti mistici o Sufi persiani.

Il Sufismo (la parola deriva con tutta probabilità da Suf, il rozzo saio di lana che distingueva i primi Sufi) ha alle spalle un'imponente teoria di grandi maestri, poeti mistici, teologi e filosofi. Alcuni maestri fondarono confraternite ancora oggi diffuse in tutto il mondo e con gran numero di adepti. È legata al nome di Rumi la notissima confraternita cosiddetta dei dervisci rotanti a Konya, nell'odierna Turchia. I dervisci, vestiti di bianco, danzano in preghiera, girando in tondo in imitazione del cielo
stellato, accompagnati dalla musica, fino a stordirsi nell'estasi.

Franco Battiato- Dervisci danzanti, 1990-2000 litografia su tavola e fondo oro


Un altro interessante testo dove approfondire la poesia di Rumi: