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domenica 9 gennaio 2022

Distante abbastanza

   



                                     Vincent van Gogh : Van Gogh Museum, Amsterdam


In bilico


Dormo di nuovo,

sul bordo del letto.

Al confine tra i sogni

e la gelida realtà.

È il mio posto.

Lontana da un caldo abbraccio

e al riparo da dolorosi

artigli.

Occupando meno spazio possibile.

Così da non disturbare,

così di non poter mai fare parte

del dolce sonno

degli altri.

Distante abbastanza 

per essere vista

e mai sfiorata.


  di Lorenza Fusco.



"Nell'ora più quieta della notte" come sanno coloro che frequentano questo blog è lo spazio dedicato ai giovanissimi poeti in cui mi imbatto nel mio vagare verso una stella tenue. Si tratta di un riferimento alla famosa Lettera a un giovane poeta, nella quale Rainer Maria Rilke fornisce questa preziosa indicazione a chi voglia scrivere: "Questo soprattutto: si domandi, nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere? Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità. La sua vita, fin dentro la sua ora più indifferente e misera, deve farsi insegna e testimone di questa urgenza. "

Lorenza l'ho conosciuta sui banchi di scuola, io in cattedra, lei dall'altra parte. A volte come separati  in due trincee in mezzo ad una no man's land piena di crateri. Più spesso impegnati a costruire un sentiero che ci avvicinasse. Non è stata una studentessa 'facile', di quelle che a volte i professori sfoggiano come medaglie al valore, ma le sue curiosità, la sua arte, i suoi progetti ambiziosi sono stati un dono immenso e gratuito. Quando le ho scritto di buttarmi giù due righe su di lei per presentarsi, prendendomi in parola ha scritto: "Sono Lorenza, ho vent'anni. Ho reso la poesia per sentirmi libera. "

Le sue poesie hanno diverse qualità importanti; questa in particolare mi è piaciuta tra le altre per la sua consonanza profonda con le parole di Rilke. La intensità emotiva dei versi di questa giovane poetessa scaturisce anche da una qualità personale, molto rara in effetti: Lorenza non ama nascondersi e i versi della sua poesia sono al servizio di questa necessità, mettono a nudo un'anima senza nulla celare.

Che questa sia una virtù imprescindibile di coloro con cui negli anni ho stretto legami di amicizia è forse solo un dettaglio.




lunedì 7 dicembre 2020

inchiostri leggeri di piume sottili

 


DELICATA FESSURA


Ti rovescio parole di carta,

cascate di lettere che esondano a terra.


Puoi farne origami di storie,

teatrini di ombre o alfabeti sonori,

puoi farne collage di momenti,

ritagli di pelle, timbri di baci.


Non sono pesanti le mie parole

ma inchiostri leggeri di piume sottili.


Scroscia la schiuma se bagna la sabbia

talmente potente che non fa rumore,

sussurro con voce pacata

allo spiraglio della tua mente.


In te, delicata fessura,

riverso parole tra i tagli imperfetti.


Puoi farne ciò che desideri

soltanto ti chiedo, abbine cura.

Preservale intatte a scaldare il tuo petto

Richiudi quel varco,


poi getta la chiave.


         di Francesca Pardini



Così da Parigi scriveva Rainer Maria Rilke ad un giovane poeta che gli chiedeva un giudizio sulle sue poesie: "Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo del suo cuore; confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere? Questo soprattutto: si domandi, nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere? Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità."

Nel viaggio verso una stella tenue  mi capita di incontrare molte persone  diverse. Alcune hanno una mappa che conduce alla dimore di una poetessa che non conoscevo, altre mi mostrano una lente con la quale osservo nuove realtà in versi su cui a lungo avevo meditato invano. A volte ho percepito un grido,  di aiuto o più semplicemente la richiesta di fare un tratto di strada insieme. Vi sono infine coloro che danno voce ad un'urgenza  necessaria, ad un appello ineludibile: sono poeti giovani o che non hanno trovato ancora il loro spazio nel mondo dell'editoria. Ho deciso quindi di creare un angulus in questo blog dedicato a tutti loro, a tutti coloro che scrivono nell'ora più quieta della loro notte.


Francesca mi ha raccontato questo di sé e della sua poesia: "Da bambina disegnavo sui tovaglioli di carta quando non avevo a portata di mano carta e penna. Da ragazza ho testato i pennelli e l’odore dell’olio e dell’acqua ragia li ho ancora impressi nel repertorio dei ricordi evergreen. Ho sempre rincorso le immagini, le ho studiate, le ho ammirate, le ho spiegate agli altri. Opere d’arte, rappresentazioni, qualsiasi materiale creato che possa essere sottoposto alla nostra percezione. L’estetica è realmente tutto ciò che riguarda la percezione dei nostri sensi e sono tutte incredibilmente concatenate in una macchina complessa, che vuole solo essere guidata nel modo giusto. Cosa mi spinge a scrivere? La necessità di riportare con le parole un’esperienza o il frammento di un’idea che posso avere realmente vissuto o che mi è stata suggerita da ciò che osservo, da ciò che mi circonda. Questo  momento mi si presenta attraverso immagini, e queste corrispondono ad  un mondo infinito di parole. Abbiamo una lingua talmente ricca di sfumature che poterle usare non è così diverso dall’avere in mano una tavolozza di colori e poter scegliere quelli giusti, di fronte a una tela bianca. Anche se la scelta fosse quella di non usare alcun colore. La scrittura è  un  gioco incredibile di variabili, e la   poesia  ne è l’essenza. Ho un approccio naturale alla sintesi, ma lascio anche scorrere la penna a lungo quando serve. D’altronde nell’arte c’è stato bisogno di un Lucio Fontana ma anche delle follie di Jackson Pollock. Voglio pensare che nella poesia, nella mia poesia, possa essere lo stesso."

Il passo di Rilke che ho citato è tratto da una delle lettere pubblicate di recente in Italiano da Adelphi, in "Lettere ad un giovane poeta": "Le Lettere a un giovane poeta furono realmente indirizzate da Rilke al giovane scrittore Kappus fra il 1903 e il 1908. Pubblicate postume nel 1929, si diffusero in breve tempo nei paesi di lingua tedesca come una specie di breviario – non tanto d’arte quanto di vita. Oggi, nella generale riscoperta di Rilke, ormai sfrondato di quegli omaggi sensibilistici che per molti avevano a lungo impedito l’accesso alla sua grande poesia, queste pagine tornano a essere una guida preziosa. Fin dalle prime righe, esse ci danno l’accordo che poi sentiremo risuonare in ogni parola di Rilke: «La maggior parte degli avvenimenti sono indicibili, si compiono in uno spazio che mai parola ha varcato, e più indicibili di tutto sono le opere d’arte, misteriose esistenze, la cui vita, accanto alla nostra che svanisce, perdura». Scrivere, per Rilke, era al tempo stesso un atto che poneva esigenze assolute, mutando la vita intera, e un oscuro processo biologico, una fermentazione delicata dove alla coscienza spettava soprattutto di stare in ascolto, esercitando un’ardua «passività attiva». E proprio in queste lettere Rilke ha saputo illustrare la sua «via» alla letteratura con le parole più precise e più dense. Unite a due altri brevi testi di carattere affine (le Lettere a una giovane signora e Su Dio), le Lettere a un giovane poeta vengono qui proposte nella celebrata versione di Leone Traverso, che fu uno dei primi e più felici interpreti di Rilke in Italia" (dalla prefazione Adelphi)

venerdì 1 novembre 2019

Apodytherion


Spogliati. 
Scopri questa secca che chiami pelle.

Naviga. Tra un solco ed uno scoglio
arenati dove l'acqua cede al sale.

Guarda.
Hai prosciugato l'Oceano da cavalcare, l'onda più alta di risacca.

Tocca.  Qui è solo fondo, conchiglie che azzoppano, sabbia e ancore
arrugginite.

Sotto le unghie s'attacca la terra che ricoprì mio padre.


      di Simona Mancini 



La poesia è la parte di noi che non sa stare al mondo. Quella azzoppata alla nascita. Scampata alla rupe. Così Simona Mancini, che si muove nell'universo delle parole come se fosse la sola dimensione possibile dell'esistere, da fuori.


Ho spesso desiderato che lo strano viaggio verso una stella tenue, ad un certo punto, potesse assumere l'aspetto di "un posto pulito, illuminato bene", un posto bello dove rimanere insieme a 
quelli che non riescono ad andare a letto presto, "tutti quelli che hanno bisogno di una luce per la notte" , come nel racconto di Ernest Hemingway.

E' quello il momento in cui qualcuno dei miei compagni di viaggio ci avrebbe fatto dono della sua poesia. Oggi questo desiderio si realizza con la bella poesia di Simona Mancini Apodytherion. Lo spogliatoio, un confine misterioso, una soglia che immette in un'esperienza della vita segnata da 

... conchiglie che azzoppano, sabbia e ancore
arrugginite