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domenica 30 giugno 2024

E' il sangue degli dèi immortale e segreto

 


NEL GOLFO DI CORINTO

Nel Golfo di Corinto
Il respiro degli dèi è visibile:
E' un arco un alone una nuvola 
Attorno alle montagne e alle isole
Come un cielo più intenso e abbagliato

E anche l'odore degli dèi invade le strade
E' un odore di resina di miele e di frutta
Dove si disegnano grandi corpi lisci e brillanti
Senza dolore senza sudore senza pianto
Senza la minima ruga del tempo

E una luce color di mora nel ponente si specchia
E' il sangue degli dèi immortale e segreto
Che si unisce al nostro sangue e con esso lotta.


    Sophia de Mello Breyner Andresen, Il giardino di Sophia, traduzione di Roberto Maggiani, "Il ramo e la foglia edizioni"


        
Nessuno ormai dubita che nella poesia lusitana un posto  rilevante debba essere riconosciuto ai versi di Sophia de Mello Breyner Andresen, basterebbe a testimoniarlo il fatto che è  stata tra le pochissime donne a vincere il  prestigioso premio Camões, il più importante  riconoscimento letterario per gli autori di lingua  portoghese. Era nata a Porto nel 1919 da una famiglia  di origini danesi per parte paterna. Suo nonno, Jan  Eenrik Andresen, un giorno sbarcò a Porto e non lasciò  mai più questa regione. Nel  1895, suo padre, João  Henrique Andresen, acquistò Quinta do Campo Alegre,  oggi divenuto il Giardino Botanico della città. Nella sua  formazione centrale si rivela fondamentale l'incontro  con la cultura della Grecia classica che costituisce  l'occasione per scoprire il fondamento dei propri valori e una fonte fondamentale della propria poetica.  L'arco della sua vita ha attraversato le stagioni  tempestose che la sua terra ha conosciuto, la dittatura di  Salazar, la sua sconfitta, le sfide difficili dell'impegno civile nella ricostruzione, la centralità della vocazione letteraria. Muore a Lisbona nel 2004.

Grazie alla giovane casa editrice "Il ramo e la foglia edizioni" dunque il lettore italiano può avere accesso alla pregevole raccolta delle liriche selezionate e tradotte da Roberto Maggiani - poeta lui stesso sarà bene ricordarlo - raccolta che opportunamente è accompagnata dall'ottima postfazione di Claudio Trognoni, necessaria introduzione alla poesia della Andresen. Proprio nella postfazione di Trognoni troviamo alcune indicazioni preziose per comprendere più profondamente la ricca trama di espressioni  e di riferimenti simbolici connessi alla cultura greca evidenti nella lirica Nel golfo di Corinto; l'esperienza estetica del mondo ellenico infatti diventa occasione di contatto con la verità circoscritta da quella luce inimitabile, "luogo per eccellenza di unità tra divino e terreno, tra parola poetica, mondo empirico e verità assoluta". Nel Golfo di Corinto - non a caso - la voce poetante afferma che il respiro degli dèi è visibile e la natura stessa dell'aere è dotata di un carattere numinoso, come un cielo più intenso e abbagliato. La presenza degli dèi poi non è solo luce, ma un profumo fragrante, un odore di resina di miele e di frutta; all'anima in tal modo pare di scorgere la presenza del divino: corpi che non conoscono pena ed afflizione, le rughe del tempo e degli affanni. L'epifania del divino è esperienza del totalmente altro, di un altrove assoluto:
... grandi corpi lisci e brillanti
Senza dolore senza sudore senza pianto
Senza la minima ruga del tempo

Essa manifesta sì il contatto possibile, ma anche l'irrimediabile distanza: può forse essere la natura umana altro che dolore, sudore, pianto e rughe del tempo ? Così, se persino il mare si tinge della presenza degli dèi, essi nell'ultimo, meraviglioso verso si rivelano entità lontane e tuttavia presenti, unite al nostro sangue ed inevitabilmente con noi in lotta. Felicissima mi sembra la scelta della poetessa lusitana di concludere la poesia con un termine che in apparenza sembra contraddire il nucleo dell'ispirazione dei suoi versi, ma che in realtà - in luminosa coerenza con lo spirito greco - sancisce la profonda intuizione di quello stesso spirito: il destino dell'uomo - la sua natura essenziale ed il suo compito - consiste nel sentimento tragico della propria finitezza, nel senso del proprio limite in cui abita una lucida amarezza, priva al tempo stesso di qualunque indulgente forma di autocommiserazione. 
 





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