Cerca nel blog

sabato 15 marzo 2025

finché il sangue muoverà nel petto la tua oscura stella

 




Il messaggio del professor Cogito



Va’ dove andarono quelli fino al limite oscuro

in cerca del vello d’oro del nulla tuo ultimo premio


va’ fiero tra quelli che sono in ginocchio

fra chi volta le spalle e  chi è rovesciato nella polvere


ti sei salvato non per vivere 

hai poco tempo  bisogna dare testimonianza


sii coraggioso quando la ragione viene meno sii coraggioso

alla fine  è la sola cosa  che conta 


e la Collera tua impotente sia come il mare

ogniqualvolta udrai la voce di umiliati e percossi


non ti abbandoni il tuo fratello Disprezzo

per spie carnefici vigliacchi – saranno loro a vincere

e verranno al tuo funerale  gettando con sollievo una zolla


e il tarlo scriverà la tua biografia addomesticata


e non perdonare invero non è in tuo potere

perdonare in nome di chi è stato tradito all’alba


guardati tuttavia dall’inutile orgoglio

osserva allo specchio la tua faccia da giullare

ripeti: sono stato chiamato – non ce n'erano di migliori?


guardati dall’aridità del cuore ama la fonte mattutina

l’uccello dal nome ignoto la quercia d’inverno

la luce sul muro lo splendore del cielo


ad essi non serve il tuo caldo respiro

ci sono soltanto per dire: nessuno ti consolerà


veglia – quando la luce sui monti darà il segnale – alzati e va’

finché il sangue muoverà nel petto la tua oscura stella


ripeti gli antichi scongiuri dell’umanità  fiabe e leggende

perché così raggiungerai il bene che non raggiungerai


ripeti le grandi parole ripetile con ostinazione

come quelli che avanzavano nel deserto e perivano nella sabbia


e ti premieranno con ciò di cui dispongono

con sferzate di riso l'uccisione su un immondezzaio


va’ perché solo così sarai accolto nella cerchia dei freddi crani

nel manipolo dei tuoi avi: Gilmameš Ettore Rolando

difensori del regno senza confini e della città delle ceneri


Sii fedele Va’.


di Zbigniev Herbert, traduzione di Pietro Marchesani (Adelphi 1993)



Scritta nei giorni difficili di anni segnati da feroci lotte e crudeltà inumane, questa poesia non è meno adatta gli scuri giorni che ci stanno davanti. La ruota della storia compie un'altra giravolta e il coraggioso, il carnefice, il sicofante si muovono lungo traiettorie già cantate: chi Ettore, chi Efialte, chi Falaride.

Come alla voce poetante di questa bella poesia di Herbert, un combattimento attende anche noi, tutto interiore, a noi solamente destinato. E tutto ciò che c'è di necessario in questi versi, tutto ciò che serve, quella voce lo rivolge al proprio animo, a se stesso: in forma di anafora ricorre l'imperativo, l'invito ad andare verso limiti oltre i quali in pochi hanno osato dirigersi,  oppure va’ fiero tra quelli che sono in ginocchio / fra chi volta le spalle e  chi è rovesciato nella polvere e poi ancora sii coraggioso quando la ragione viene meno, in effetti è davvero l'unica cosa che conta.

Tra i diversi ammonimenti di questi versi, mi è particolarmente caro quello che così dice: 

ripeti gli antichi scongiuri dell’umanità  fiabe e leggende 

... come a dire che ogni grandezza dell'animo sorge dagli antichi riti nei i quali siamo stati cresciuti e dalle leggende che ci hanno nutrito con aurei insegnamenti. 

Non so il futuro cosa preveda per la nostra generazione e per quella dei nostri figli e - per certi versi - la devastazione delle guerre presenti è solo la manifestazione sensibile della generale devastazione dello spirito umano, in ogni caso, la poesia di oggi si rivela un viatico portentoso ed inevitabile. Da portare con sè.

mercoledì 5 febbraio 2025

senza lasciare traccia

 



INSONNIA INVERNALE


La mente non può dormire, può solo giacere sveglia,

ingolfata, ad ascoltare la neve che si aduna

come per l’assalto finale.


Vorrebbe che venisse Cechov a somministrarle

qualcosa – tre gocce di valeriana, un bicchiere

d’acqua di rose – qualunque cosa, non importa.


La mente vorrebbe uscire di qui

fuori sulla neve. Vorrebbe correre

con un branco di bestie irsute, tutte denti,


sotto la luna, in mezzo alla neve, senza

lasciare traccia, neanche un’impronta, nulla.

E’ malata, stasera, la mente.


                traduzione di Francesco Durante, Edizioni minimum fax


Winter Insomnia

The mind can’t sleep, can only lie awake and

gorge, listening to the snow gather as

for some final assault.


It wishes Checkov were here to minister

something—three drops of valerian, a glass

of rose water—anything, it wouldn’t matter.


The mind would like to get out of here

onto the snow. It would like to run

with a pack of shaggy animals, all teeth,


under the moon, across the snow, leaving

no prints or spoor, nothing behind.

The mind is sick tonight.


Una poesia per questo periodo di notti invernali, quando la mente rimane sveglia e l'orecchio si tende ad ascoltare le neve che si aduna, con un suo fare minaccioso, quasi ostile. In notti come queste urge un desiderio di pace interiore - non importa come ottenuto - e a questo desiderio un altro si sovrappone d'un tratto, diverso, se non contrario: uscire di qui / fuori sulla neve correre / con un branco di bestie irsute, tutte denti, come lupi selvaggi e feroci, mossi dal puro istinto, fedeli solo alla propria natura.

Correre sotto la luna, in mezzo alla neve, senza / lasciare traccia, neanche un’impronta, nulla. L'immagine d'istinto mi piace molto, non so bene perché: correre nella neve, sotto la luna, vuol dire lasciare tracce di sé, impronte del proprio passaggio, orme che segnano un percorso, quindi una storia, con le sue conseguenze, memorie, ricordi, ferite e gioie. Non si può correre nella neve e non lasciare tracce, se non nei versi di una poesia o nell'anelito di una mente che non trova requie in una notte d'inverno. 

Lo sappiamo che non è necessario cercare sempre un significato nelle immagini delle poesie, eppure in questa particolare immagine indugio, ritorno, ne percorro le possibilità, tortuose come stretti corridoi di labirinti, ma il filo di Arianna è perduto. Notte d'inverno, passa veloce per favore.