L'osteria "All'isoletta"
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La notte, per placare un'aspra rissa,
e più feroce quanto è solo interna,
penso lotte più estranee: penso Lissa
i Bàlcani, Trieste, il vecchio ghetto;
infine mi rifugio a una taverna;
dal suo solo ricordo il sonno aspetto.
Deserta com'è lungo il caldo giorno,
sulle pareti un'isoletta è pinta,
verde smeraldo, e il mar con pesci ha intorno.
Ma di fumi e di canti a notte è piena
un dalmata ha con sé la più discinta;
ritrova il marinaio la sirena.
Io ascolto. e godo della compagnia,
godo di non pensare a un paradiso,
diverso troppo da quest'allegria,
che arrochisce i cori e infiamma il viso.
La poesia che leggete oggi è tratta da una sezione del Canzoniere intitolata La serena disperazione, vi sono raccolte poesie degli anni dal 1913 al 1915. Non è la più famosa tra quelle che di solito si leggono a scuola, ma a me piace molto molto. Mi trasporta forse a quel mio anno vissuto a Trieste, a quelle frequentazioni notturne nelle quali si abbandonavano i libri seri per ascoltare in silenzio i racconti di marinai o le storie appassionate di sirene discinte e le avventure dei contrabbandieri e delle loro gare a guardie e ladri. Io ascoltavo, i versi di Alceo nel tascapane e il vino di Cavana sul tavolo.
Anche per noi allora era bella quell' allegria che arrochisce i cori e infiamma il viso. Né smetteva in noi il richiamo di quel troppo diverso paradiso.