La Naiade
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| John William Waterhouse, The Charmer, 1911 |
Pullula ne l'opaco bosco e lene
tremula e si dilata in suoi leggeri
cerchi l'acqua; ed or vela i suoi misteri,
ora per tutte le sue chiare vene
ha un brivido scoprendo all'imo arene
nuziali ove ancor restano intieri
i vestigi dei corpi che in piaceri
d'amor commisti riguardò Selene.
Morta è Selene; morte son le Argire;
i talami deserti; nel sovrano
silenzio de la notte l'acqua tace;
ma pur sembrami a quando a quando udire
il gorgoglio di un'urna che una mano
invisibile affonda in quella pace.
da Poema Paradisiaco 1893
Chi erano le Naiadi? Secondo i Greci erano ninfe delle acque ed in particolare delle sorgenti vivevano in grotte o in caverne, di loro gli antichi poeti raccontavano che fornirono a Perseo gli strumenti indispensabili per sconfiggere la Gorgone. Spesso le leggende si soffermavano sui loro amori - sempre complicati e tormentati - con gli uomini.
La protagonista della bella poesia di D'Annunzio è una di queste creature misteriose che vivono presso le fonti o tra gli alberi; sembra vivere in una specie di tempo sospeso, contemplando un mondo in cui tempo addietro, sotto lo sguardo di Selene (che in Grecia è il nome che si dava alla della Luna), si svolgevano misteriosi riti nuziali e divampavano passioni amorose di cui solo rimangono incerte vestigia. Nel tempo passato, sottolineato dal passato remoto riguardò, la natura era abitata dagli dèi, ma nell'oscuro presente - ha un brivido o una mano invisibile affonda - non rimane quasi traccia della loro presenza, rimangono solo i talami deserti. Questo è il tempo del sovrano silenzio, l'acqua tace e tutta l'antica energia della natura, vivificata da presenze numinose, sembra ridotta ad una mesta desolazione. Solo un leggero gorgoglio pare annunciare che qualcosa di celeste non ha smesso di lasciare labili tracce del suo passaggio.
