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venerdì 31 dicembre 2021

fatto ho al mio canto un mantello

 

                                                     William Butler Yeats (1865-1939) | Dublin City Council


            Un mantello


Fatto ho al mio canto un mantello

Ornato di ricami

D'antiche mitologie

Da capo a piedi;

Me l'han strappato gli sciocchi,

L'hanno ostentato davanti a tutti

Come se l'avessero ricamato loro.

Lascia, o mio canto, che se lo tengano,

Perché c'è più coraggio

A camminare nudi.

(da 'Responsabilità' di W. B. Yeats, 1914 – Traduzione di Gabriele Baldini)


ed ecco  la versione originale:

I made my song a coat 

Covered with embroideries 

Out of old mythologies 

From heel to throat; 

But the fools caught it, 

Wore it in the world’s eyes 

As though they’d wrought it. 

Song, let them take it

For there’s more enterprise 

In walking naked.


    Dopo molto tempo riprendo a scrivere di poesia. Lo faccio in queste ore, le poche che restano nell'anno difficile che va concludendosi. Ho scelto una poesia di Yeats che mi è stata fedele compagna in tempi recenti. Un cantore è sotto i nostri occhi mentre ci dice che ha intessuto di antiche leggende il manto del suo canto. La metafora è piuttosto chiara per chi conosce gli interessi del poeta di Dublino per i miti e le tradizioni del suo popolo, nonché la cura con cui scriveva i suoi versi.
Non si trattava nel caso di Yeats di un atteggiamento banalmente romantico e sganciato dalla realtà; negli anni in cui fu scritta questa poesia l'interconnessione tra politica, cultura e letteratura era così forte che senza tale legame non si può spiegare la rivolta del 1916 e gran parte del successo della lotta per l'indipendenza irlandese.

Poi c'è il gesto improvviso e inatteso con cui degli sciocchi strappano il mantello al poeta e lo indossano sotto gli occhi di tutti come se lo avessero ricamato loro. I versi alludono forse a scrittori mediocri o a furbi politicanti. Non è così importante stabilirlo; colpisce piuttosto lo scarto tra la cura e l'amore con cui il mantello è stato realizzato e la natura di chi se ne è impossessato - sono degli sciocchi - e la volgarità delle loro motivazioni - il loro solo intento è ostentare una bellezza di cui mai avrebbero potuto essere gli artefici. 

Infine, nell'ultima sequenza l'io poetico si rivolge direttamente al suo canto-mantello: lascia pure che se lo tengano - aggiunge. E poi la conclusione fulminante, di quelle che si fissano come un sigillo tatuato sulla pelle :

Perché c'è più coraggio

A camminare nudi.

    Il motivo per cui amo questa poesia di Yeats è perché non parla solo della rivoluzione irlandese o dell'essenza dell'arte poetica, ma di un certo modo di stare al mondo che è nella natura umana. Certo è quanto mai raro e a volte stentiamo a riconoscerlo, ma quando ci imbattiamo in esso, l'incontro che ne scaturisce ha il potere di forgiare un'anima, in alcuni casi perfino un'epoca. Per entrare in questo aspetto della poesia dobbiamo forse partire da un'analisi più precisa dell'immagine del mantello, l'oggetto che del resto dà il titolo alla poesia. Nella cultura irlandese infatti  il mantello non è solo un capo di abbigliamento, ma nei tempi antichi per i più poveri rappresentava l'unica risorsa contro il freddo e le intemperie, la coperta in cui avvolgersi nella notte, il riparo dalla pioggia. La differenza tra la vita e la morte poteva dipendere dall'avere un mantello oppure no.

Il poeta Edmund Spenser nel XVI secolo ritrae in alcuni suoi versi le qualità del mantello irlandese (brat in irlandese)

It is a fit house for an outlaw, a meet (suitable) bed for a rebel ,/ and an apt cloak for a thief” .

"E' una degna casa per un bandito, un letto adeguato per un ribelle, / ed un mantello adatto per un ladro

    Possiamo dire che il mantello rappresenta sia l'arte poetica sia la dignità inviolabile dell'uomo,  la sua identità più autentica, ciò senza cui non è possibile la vita: la vera arte poetica, quindi, è ciò senza cui non è possibile vivere.  L'uomo che nella poesia di Yeats parla al proprio canto, parla in tal modo alla parte più vera di se stesso. Quell'uomo tuttavia non è soltanto il poeta, c'è qualcosa che appartiene all'umano in quell'essere nudo, spogliato del suo mantello, che va coraggioso, indifferente agli sguardi degli sciocchi. Quell'uomo, sia esso il poeta, il viandante, il profeta, credo oggi sia l'unico a poter svelare la verità sul mondo e su dove siamo giunti, perché nulla ha da difendere, tutto da donare.

Ecco il mio augurio in queste ore declinanti dell'ultimo giorno dell'anno. 


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