Largo
O lasciate lasciate che io sia
una cosa di nessuno
per queste vecchie strade
in cui la sera affonda -
O lasciate lasciate ch'io mi perda
ombra nell'ombra -
gli occhi
due coppe alzate
verso l'ultima luce -
E non chiedetemi - non chiedetemi
quello che voglio
e quello che sono
se per me nella folla è il vuoto
e nel vuoto l'arcana folla
dei miei fantasmi -
e non cercate - non cercate
quello ch'io cerco
se l'estremo pallore del cielo
m'illumina la porta di una chiesa
e mi sospinge ad entrare -
Non domandatemi se prego
e chi prego
e perché prego -
Io entro soltanto
per avere un po' di tregua
e una panca e il silenzio
in cui parlino le cose sorelle -
Poi ch'io sono una cosa -
una cosa di nessuno
che va per le vecchie vie del suo mondo -
gli occhi
due coppe alzate
verso l'ultima luce -
Milano, 18 ottobre 1930
di Antonia Pozzi
questa poesia è talmente intima, delicata, profonda; solo un'anima così incredibilmente sensibile riesce ad essere cosa di nessuno, ombra nell'ombra e, contemporaneamente, donarsi a tutti, con questi versi diventare cosa di ciascuno
RispondiEliminaAnche l'estremo pallore del cielo è un'espressione poetica incredibile
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