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mercoledì 16 dicembre 2020

unica voce il cui respiro sento

 




La notte è mia sorella, io nel profondo

dell’amore annegata, giaccio a riva,

acque ed alghe a fior d’onda mi lambiscono,

mi ferirà la draga, e c’è di più:

lei, solo braccio teso dalla sabbia,

unica voce il cui respiro sento

a sgelarmi le nari, ad aprirmi la mano,

lei potrebbe avvisarti, se tu udissi.

Ma di certo è impensabile che un uomo

in sí dura tempesta lasci il quieto

focolare e s’imbarchi al salvataggio

di un’annegata per portarla a casa,

sgocciolante conchiglie sul tappeto.

Buia è la notte, e per me piange al vento.

        

di Edna St. Vincent Millay,  L’amore non è cieco (Crocetti, 2001), traduzione di  Silvio Raffo


e questa è la versione originale:

Night is my sister, and how deep in love,

How drowned in love and weedily washed ashore,

There to be fretted by the drag and shove

At the tide's edge, I lie—these things and more:

Whose arm alone between me and the sand,

Whose voice alone, whose pitiful breath brought near,

Could thaw these nostrils and unlock this hand,

She could advise you, should you care to hear.

Small chance, however, in a storm so black,

A man will leave his friendly fire and snug

For a drowned woman's sake, and bring her back

To drip and scatter shells upon the rug.

No one but Night, with tears on her dark face,

Watches beside me in this windy place.


E' notte. Parla una donna, una donna annegata, cose che accadono nelle poesie. La corrente l'ha deposta sulla riva, il corpo lambito di acque e alghe, destinato ad un ultimo oltraggio: lo scempio che le prepara il braccio meccanico di una draga. Eppure a questo stesso braccio, al motore che lo solleva - unica voce il cui respiro sento -, la donna annegata affida uno scarto di speranza. Sarà lei, forse, la scavatrice a farsi messaggera per l'amato, a dirgli del suo pericolo.

Soli, sulla spiaggia, nella notte buia rimangono la donna annegata e la macchina d'acciaio. L'uomo non giungerà a soccorrerla, non certo in una notte di tempesta come questa. Non la porterà a casa sua in questo stato, a sgocciolare conchiglie sul tappeto.

Per lei sola intanto piange il vento.

Quale straordinaria forza evocativa in queste immagini: una notte di bufera, una donna annegata, sola su una spiaggia, la sua sola compagnia una gru di acciaio, immagino arrugginita dalla salsedine e questo struggente ultimo pensiero che scivola tra i denti con il suo ultimo respiro ... se tu udissi

Se volete leggere le poesie di Edna St. Vincent Millay e vi dico che ne vale la pena, le trovate pubblicate in italiano da Crocetti, uno degli editori  più interessanti e coraggiosi del nostro panorama culturale. Sono andato a leggermi sul sito della casa editrice il ritratto di Edna: scopro così che è stata l’eroina dell’età del jazz, la poetessa più amata e più letta nell’America degli anni venti. Il suo sex appeal - dicevano - aveva l’effetto di una droga sulle persone. Thomas Hardy disse che c’erano soltanto due grandi cose negli Stati Uniti: i grattacieli e la poesia di Edna. Insomma davvero una che valeva la pena conoscere, "Interpretò una femminilità libera e spregiudicata - aggiunge il suo profilo - e raccontò l’amore romantico ma senza illusioni, la precarietà della vita e la tristezza senza rassegnazione. Le poesie di Edna conservano una forza che il tempo non ha scalfito. 

Incuriosito ed affascinato sono andato a cercare qualche notizia in più sulla poetica di Edna; il suo traduttore Silvio Raffo, in una intervista a Pangea News, (potete leggerla integralmente qui la-bad-girl-della-poesia-americana/)  ci spiega che "le tematiche ricorrenti nella poesia di Edna St. Vincent Millay sono quelle della grande tradizione shakespeariana: la caducità del tempo, l’eternità della Bellezza, la fragilità della condizione umana. Un certo cinismo incrina il romanticismo di base, come accade anche nella poetessa a lei maggiormente affine, Sara Teasdale. Una voce femminile disincantata. Insomma, una bad girl che conquistò i giovani del Greenwich Village proprio in virtù della sua spregiudicatezza. I suoi testi parlano spesso d’amore, in toni che talvolta parrebbero intrisi di romanticismo, ma il fatto è che il suo “romanticismo” è un’erma bifronte, una sorta di amabile bluff. In Spring, una poesia in cui si ricollega all’Eliot di “Aprile è il mese più crudele”, lo dice chiaramente: “I know what I know” e questo potrebbe, a ben vedere, essere il suo motto. "

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