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domenica 8 marzo 2020

Ogni vita converge a qualche centro


Fotografia di Andrew Bergh


Ogni vita converge a qualche centro,
Dichiarato o taciuto.
Esiste in ogni cuore umano
Una mèta

Ch'esso forse osa appena riconoscere,
Troppo bella
Per rischiare l'audacia
Di credervi.

Cautamente adorata come un fragile cielo,
Raggiungerla
Sarebbe impresa disperata come
Toccar la veste dell'arcobaleno.

Ma più sicura quanto più distante
Per chi persevera:
E come alto alla lenta pazienza
Dei santi è il cielo!

Non l'otterrà forse la breve prova
Della vita, ma poi
L'eternità rende ancora possibile
L'ardente slancio.

di Emily Dickinson, traduzione di Margherita Guidacci

Disorientamento è forse uno dei termini più efficaci per esprimere lo stato presente della nostra era di passioni tristi; tracciare la rotta è difficile quando incerta è la mèta, la fine del viaggio un enigma incomprensibile, se non una beffa crudele. Come un faro che si accende in una notte priva di stelle la poesia di Emily Dickinson rischiara la vista. Il primo verso richiama per contrasto il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia di Giacomo Leopardi: un nomade del deserto, Vecchierel bianco, infermo,/Mezzo vestito e scalzo, domanda alla silenziosa Luna: "ove tende/Questo vagar mio breve" ? Alla fine della strofa seguente la risposta chiarisce 

dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia

Davvero ineguagliati e struggenti i versi di questa seconda strofa, in cui tutta la vita di ogni cuore umano è rappresentata e - ancor più importante - amata. Ecco, il pastore dell'Asia che

Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro, ...

... ed ecco gli uomini e le donne di questi nostri ultimi giorni, che corrono e si affrettano verso un treno che li porti lontano dalla paura, dal pericolo, sì anche da ciò che è giusto. Ecco il soldato, nella canzone di Roberto Vecchioni, corre verso Samarcanda su un cavallo veloce, figlio del lampo, degno di un re, per scappare dalla morte che ovviamente lo attende alle porte della città.
Spesso il nostro viaggio è così: un vagare senza scopo o un fuggire verso ciò che ci attende: perdersi tra le valli di un deserto o precipitarsi verso l'unico luogo che vorremmo evitare. 

 La lirica di Emily Dickinson  si apre con un verso che ha una intensità emotiva enorme: 

Ogni vita converge a qualche centro

Ogni vita umana ha un senso, una direzione, una méta. Forse l'animo appena la riconosce, tanto è bella che non sembra possibile rischiare tutto per raggiungerla.

Raggiungerla
Sarebbe impresa disperata come
Toccar la veste dell'arcobaleno

disperata, ma ancora possibile ... ancora

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