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sabato 7 dicembre 2019

dove tutto piange per come va il mondo



Foto di Rachel Talibert

CENTO VIRGILIANUS


E così, passando sotto la cupola del cielo immenso,
sospinti da tempeste e mari in burrasca, giungemmo,
chiedendoci su quale spiaggia del mondo
fossimo stati gettati. L'ululare dei cani 
si udiva per tutto il crepuscolo
e sulle tombe il crepitare che fa
un fuoco di stoppie sferzato dal vento;
e poi, da cortili ghiacciati
i lamenti striduli delle  donne si alzarono
contro le silenti stelle dorate.
All'inizio, non ci mancavano le città da cui eravamo partiti -
le case dipinte di rosa e di verde, i cigni che si cibano
tra le canne del fiume, gli scrosci di luce estiva
che  scorrono sui  pascoli.
Che importava  se avevamo sperato di trovare Apollo qui,
finalmente in trono, che importava se un freddo attanagliante
ci gelava le ossa. Eravamo giunti in un luogo
dove tutto piange per come va il mondo.

   di Mark Strand

Un "centone" è un componimento costruito con la giustapposizione di espressioni, versi o emistichi di un autore famoso, questo genere fu particolarmente coltivato nella classicità e nel Medioevo.
L'ispirazione di questa poesia, composta nel 1987, venne a Strand durante un periodo di inattività che lo aveva portato a dedicarsi al giornalismo e alla critica, fino a quando - è stato lui stesso a dichiararlo - fu ispirato da un seminario su Virgilio e dalla lettura della traduzione dell'Eneide di Robert Fitzgerald. Cento Virgilianus apparve poi nella raccolta The Continuous Life, pubblicata nel 1990.

A parlare in questa poesia è uno dei marinai di Enea, uno qualunque, nemmeno il nome sappiamo di lui, descrive il viaggio sotto la cupola del cielo immenso, una navigazione perigliosa, segnata da burrasche e tempeste che hanno gettato i Troiani, profughi per volere del Fato, su una terra ignota e straniera.

Sono le sensazioni uditive a colpirci: l'ululare dei cani, il crepitare del fuoco, i lamenti striduli delle donne. Mentre nel crepuscolo la vista coglie  un paesaggio ostile: tombe su cui si accendono fuochi di stoppie e cortili ghiacciati. Non sembra un bel posto per costruirci una casa, del resto non è che l'hanno scelto, vi sono stati gettati. Eppure...

Eppure la felicità passata non è rimpianta, né le speranze deluse lasciano nello sconforto. Apollo non abita in questa terra desolata così come il caldo e la luce delle pianure della Troade sono solo un ricordo lontano, ma non motivo di lamento.

... Eravamo giunti in un luogo
dove tutto piange per come va il mondo.

Che importa tu dici, coraggioso compagno di Enea, che importa questo freddo che un fuoco di stoppia non riscalderà, che importa il trono vuoto di Apollo che non indicherà la rotta, almeno per  il momento. E' qui, dove tutto piange per come va il mondo, il luogo dove vale la pena stare, qui dove il destino di ogni essere ferito da sventura e miseria è sottratto a oblio e indifferenza.




1 commento:

  1. Grazie Vittorio, non conoscevo cosa fosse un "centone" in letteratura.
    Ho apprezzato questo componimento e mi sembra che il tema dello spaesamento, nel senso anche fisico di non appartenenza ad alcun luogo, sia caro all'autore. Mi ha risuonato e sono andata a rivedere una precedente poesia pubblicata "A passeggio con te" i cui versi recitano:
    "Viviamo vite instabili
    e restiamo in un certo posto
    solo quanto basta a renderci conto
    che non gli apparteniamo.
    Perfino le nuvole, che si fermano
    silenziose sopra di noi
    sono nebulose pur senza
    assomigliarci, e assalendo
    l'aria vuota,
    non prendono in considerazione
    la nostra solitudine attuale.
    Ma poi, perché dovrebbe importarci?
    Ce ne stiamo già andando,
    come a dire:
    noi non siamo qui
    noi siamo sempre stati lontani."

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