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sabato 16 novembre 2019

Semplicità


Si apre il cancello del giardino
Foto di Grete Stern
con la docilità della pagina
che una frequente devozione interroga 
e all’interno gli sguardi
non devono fissarsi negli oggetti
che già stanno interamente nella memoria.
Conosco le abitudini e le anime
e quel dialetto di allusioni
che ogni gruppo umano va ordendo.
Non ho bisogno di parlare
né di mentire privilegi;
Bene mi conoscono quelli che mi attorniano,
bene sanno le mie ansie e le mie debolezze.
Ciò è raggiungere il più alto,
quello che forse ci darà il Cielo:
non ammirazioni, né vittorie
ma semplicemente essere ammessi
come parte di una realtà innegabile,
come le pietre e gli alberi.

                                 di Jorge Luis Borges


Il cancello di un giardino si apre davanti a noi, allo stesso modo - docilmente - della pagina di un libro al quale torniamo con amore e devozione. Credo che ognuno abbia presente in cuor suo di che pagina si tratti; l'abbiamo sottolineata, annotata o forse vi abbiamo lasciato una data.

All'interno del giardino oggetti consueti su cui lo sguardo non ha bisogno di indugiare, essi sono impressi nella memoria, interamente. Siamo entrati in uno spazio a cui apparteniamo: conosciamo le abitudini e le anime che lo abitano, ne intendiamo il dialetto di allusioni con cui sono solite rivolgersi tra di loro, una lingua in cui la parola non indica ma allude, non denomina ma crea, non enumera ma confonde... Che posto è questo?

Anche il parlare qui è un di più, soprattutto inutile è il mentire privilegi, troppo conoscono quelli che vi abitano debolezze e ansie di chi arriva.

Entrare in questo giardino 

è raggiungere il più alto,
quello che forse ci darà il Cielo

il più alto... ben oltre i palazzi dei principi e le austere aule della scienza, al di là delle sorgenti di fiumi sconosciuti o di cime mai conquistate; non ammirazioni, né vittorie attendono l'ospite, solo essere ammessi come parte di una realtà innegabile. Come acqua che scorre verso valle, come stelle che percorrono strade sempre uguali, come le pietre e gli alberi.

Questo posto è casa, il luogo del ritorno, la freccia che arriva al bersaglio, il porto che attende dopo lungo peregrinare.  Ma che vuol dire essere ammessi ?

Per rispondere a questa domanda mettiamoci di fronte al quadro del Guercino Il ritorno del figliol prodigo, ora esposto nel  Kunsthistorisches Museum di Vienna. 


Il racconto del Vangelo di Luca a cui Giovanni Francesco Barbieri si ispirò per la composizione del quadro è troppo noto perché lo si debba riassumere. Molte sono le interpretazioni che critici ed esegeti hanno dato alla parabola e da ultimo vi si è cimentato anche Massimo Recalcati (il coraggio del figliol prodigo di sfidare il padre). Sebbene la poesia di Borges e il racconto evangelico divergano sotto diversi aspetti, dal quadro di Guercino mi sembrano emergere alcuni punti interessanti. Guercino coglie della storia del figliol prodigo il momento in cui il padre, come nota Recalcati "non punisce il figlio che ritorna, non applica su di lui la Legge, non lo castiga", ma lo accoglie di nuovo in casa, lo ammette - nuovamente - nel posto che è la sua naturale dimora. I modi con cui questo gesto del padre si realizza sono il fulcro del dipinto di Guercino: la mano destra del padre abbraccia la schiena del giovane figlio, con una naturalezza non priva di energia, mentre quella sinistra prende in mano con sollecitudine la veste bianca, destinata a sostituire i cenci con cui si è presentato. 
Questa tensione, questo movimento, efficacemente reso nel quadro, mi sembra in forte sintonia con il raggiungere il più alto che il figlio sperimenta, simboleggiato dalla lucentezza della veste bianca impugnata dal padre: il giovane figlio ribelle, solo ora che ritorna alla casa del padre è davvero capace di comprendere il senso dell'eredità che ha ricevuto. 

Se guardiamo la posizione della testa leggermente reclinata e la posizione delle braccia del giovane che si spoglia, non possiamo non cogliere la naturalezza delle movenze, la confidenza e la semplicità dei gesti. Una semplice armonia lo avvolge, non ha bisogno di parole, di scuse, di vanterie.

Ad ammettere nel più alto, non sarà l'essere stati giusti, né aver superato prove come quelle che Perceval  superò nel "castello meraviglioso" dove è custodito il Graal... semplicemente essere ammessi, come accade ad un figlio che ritrova la strada per casa da cui era partito...

ora è tornato, come parte di una Realtà innegabile.





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