Silentium!
Taci, nasconditi ed occulta
i propri sogni e sentimenti;
che nel profondo dell’anima tua
sorgano e volgano a tramonto
silenti, come nella notte
gli astri; contemplali tu e taci.
Può palesarsi il cuore mai?
Un altro potrà mai capirti?
Intenderà di che tu vivi?
Pensiero espresso è già menzogna.
Torba diviene la sommossa
Fonte: tu ad essa bevi e taci.
Sappi in te stesso vivere soltanto.
Dentro te celi tutto un mondo
d’arcani, magici pensieri,
quali il fragore esterno introna,
quali il diurno raggio sperde:
ascolta il loro canto e taci!..
di Fëdor Tjutčev, traduzione di Tommaso Landolfi
Appartenente a una famiglia dell’aristocrazia moscovita, Fëdor Ivanovič Tjutčev (1803-1873)
fu diplomatico oltre che eminente poeta, e dopo aver iniziato la carriera nel Collegio degli Affari esteri di Pietroburgo operò come incaricato speciale a Monaco di Baviera – dove frequentò Heine, Schelling e gli ambienti del Romanticismo tedesco – e a Torino, dove visse dal 1837 al 1839. Nel 1836 alcune sue liriche furono pubblicate dalla rivista di Puškin «Il contemporaneo», suscitando i primi, ampi consensi. Nel 1844 tornò definitivamente in Russia, mentre la sua fama di poeta cresceva dopo i riconoscimenti tributatigli da Turgenev, Fet, Dobroljubov.Il suo universo poetico è un coacervo di visioni cosmogoniche e di rappresentazioni metafisiche che rispecchiano un dualismo di tipo manicheo: vi sono due mondi, il Caos e il Cosmo, e il secondo altro non è se non l’organismo vivente della natura, un’essenza viva e pulsante ma secondaria rispetto al Caos, l’unica vera realtà, di cui il Cosmo rappresenta un’effimera scintilla. La cosmogonia di Tjutčev si nutre di contrasti tra inaccessibili vertici di perfezione e desolate lande nordiche o spaventosi abissi dominati dal disordine notturno e dall’instabilità spettrale del fato. A questo mondo che non conosce la gioia del possesso, ma solo la perdita, la caduta, il rimpianto, e insieme la vertigine del solitario destino umano, dà voce, con esiti memorabili, la versione di Tommaso Landolfi, scrittore così affine a Tjutčev per sensibilità e magistero poetico: centoundici componimenti – trascelti lungo l’intero arco creativo del poeta – dalla struttura concisa, austera, incalzante, in cui si riversa un’inquietudine antesignana non solo del simbolismo, ma della nostra stessa sensibilità contemporanea (dal risvolto del volume Adelphi).