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domenica 4 agosto 2019

Del più bello dei viaggi


Tornando a casa...



Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio,

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Dante si rivolge a Guido Cavalcanti, il suo primo amico (così lo definisce nella Vita Nuova), per condividere con lui un desiderio:  insieme all'amico Lapo, essere presi per incantamento e messi in un vascello che navighi per ogni mare, guidato solo dalla loro volontà. Nessuna tempesta o tempo cattivo in questo viaggio, anzi avrebbero vissuto secondo un unico comune sentimento del piacere, sentendo crescere in loro 'l disio di essere insieme.
Con Dante, Guido e Lapo, la magia del buono incantatore avrebbe posto le tre donne amate dagli amici e ragionando sempre d'amore (espressione densissima di significati, per i quali il rimando più immediato è forse la canzone Donne ch'avete intelletto d'amore), con queste avrebbero trovato nuovi significati alla felicità.

Il sonetto di Dante Alighieri, uno dei più noti della sua produzione giovanile, ha il suo nucleo espressivo più forte in un'esigenza comune anche ai nostri giorni, quella di ricreare una speciale corte di spiriti uniti da affinità elettive, con i quali ritrovarsi nell'aspirazione a viaggiare evitando tempeste e nubi oscure e cariche di pioggia. Tale forma di amicizia, rara e preziosa, è resistente e fragile al tempo stesso, necessita di cure e ha un suo proprio stile che la distingue tra tutte le altre. Navigare - ma qui il senso del verbo si carica di ovvie valenze metaforiche - con amici di tal genere è un'esperienza straordinaria, senza la quale la vita rischia di diventare un ammucchiare i giorni, uno sull'altro.

Nell'atmosfera di questa poesia, rarefatta e sognante, intessuta di simboli e richiami a temi fiabeschi tipici  della letteratura cortese e cavalleresca, è possibile che il lettore moderno intraveda uno scarto con il nostro presente, segnato dall'eclissi dell'idea stessa di amicizia spirituale. E poi non si tratta in fondo di un sogno ? di un viaggio vissuto nell'immaginazione più che nella realtà?

Forse è bene riflettere sulla contrapposizione tra immaginazione e realtà. Secondo Carl Gustav Jung, ad esempio, nella attività dell'artista e nella vita psichica (ma il discorso in realtà va allargato a fenomeni di più ampia rilevanza) "ciò che dobbiamo al gioco dell'immaginazione è incalcolabile" e sarebbe segno di miopia trattare con disprezzo le fantasie a causa "del loro carattere singolare o inammissibile". In effetti anche secondo James Hillmann il legame tra le forme di interpretazione e conoscenza della realtà e l'attività immaginativa  e simbolica è molto forte tanto che arriva a scrivere che la coscienza dipende dall’immaginazione.

Tramite il sonetto di Dante dunque non solo viviamo una risolutiva esperienza estetica (chi volesse ascoltare il sonetto letto da Aroldo Foà può farlo qui: https://www.youtube.com/watch?v=2AcBJ7Ol3zI), ma sperimentiamo una diversa via di conoscenza del mondo e di noi stessi.

E' vero: quanto più il mondo moderno si allontana, o crede di allontanarsi, da questa forma di  sympatheia tanto più si diffonde il tipo umano del cinico e del beffardo. Non certo uno che Dante, Guido e Lapo, o le loro donne, avrebbero gradito sul loro vascello. In questo senso è possibile che rispetto alla forza evocativa del sonetto qualcuno sia preso da un sentimento di estraneità assoluta o peggio di  disillusione. La poesia di Dante, tuttavia, non è una bilancia sulla quale pesare ciò che ci manca, essa è piuttosto il sestante indispensabile a tracciare la rotta futura.

Il più bello dei viaggi è quello che abbiamo fatto con i nostri amici più cari e fidati oppure quello che stiamo per fare, anche solo con la forza dell'immaginazione, insieme ad un equipaggio che via via si va formando.

Forse non ci vorrà così tanto...

2 commenti:

  1. Ricordo quella giornata di terzo liceo in cui entrai con il mio compagno di banco nell’immenso mondo di Dante. Questa la prima poesia studiata. Che cosa ci scuoteva tanto di Dante? Cosa sentivamo io e Giovanni in questi versi? Il Poeta veniva a portare, nel sempre più triste mondo dei mercanti fiorentini, la purezza dell’amicizia disinteressata. E lì dove tutti gli uomini si ancorano sicuri a terra, si riposano in un comodo sbadiglio a riva, Dante ci faceva vedere che l’amicizia era questo “imbarcarsi”. “Nous sommes embarqué” direbbe Pascal, siamo in alto mare: ma quanto sono più dolci le onde con un amico al proprio fianco, quanto è più facile scegliere la rotta se c’è chi ti aiuta a trovarla!
    E iniziammo a navigare, nelle nostre vite e parallelamente nei versi della Divina Commedia, messi in un vasel ch’ad ogni vento/ per mare andasse a voler nostro e mio.
    Quella poesia mi ha cambiato, da allora il mio amico fu il mio Guido Cavalcanti, l’amico spirituale. Ricordo che mentre il mio professore declamava i versi del sonetto lessi sul libro che Dante aveva 20 anni quando lo scrisse. 20 anni, allora ne avevo 17 e 20 mi sembravano pochissimi. Oggi io ho l’età che aveva Dante quando scrisse questo sonetto, e mi sento picciolo, piccolissimo in confronto a lui. Ma allo stesso tempo, ancora una volta il Poeta mi viene a ricordare per quale grandezza è nato l’uomo:
    “e ora lì, come a sito decreto,
    cen porta la virtù di quella corda
    che ciò che scocca drizza in segno lieto.”


    Edoardo Mariani

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    1. Grazie Edoardo per aver condiviso qui questo bel ricordo di quel giorno e del tuo amore per la poesia di Dante. Ogni cosa che abbiamo raggiunto, per cui abbiamo lottato è stata prima immaginata. Quanto è bella questa semplice verità, ma quanto spesso ce lo dimentichiamo.

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