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giovedì 10 ottobre 2019

Ad Elisabetta ....qualcosa che potresti portare con te


Starry Night, Vincent van Gogh



Per Jessica, mia figlia


Stasera sono passato a piedi
vicino a casa,
e ho avuto paura
non del percorso randagio
che ho fatto dell'amore e del sé,
ma di ciò che è buio e distante.
Camminavo, ascoltavo il vento tra le piante,
e sentivo il freddo sulla pelle,
ma ciò su cui mi sono fermato a pensare
erano le stelle splendenti
e nell'arco immenso del cielo.

Jessica, è tanto più facile
pensare alle nostre vite
mentre ci muoviamo sotto l'effimero sfolgorio delle foglie,
amando quel che abbiamo, 
piuttosto che pensare com'è che
piccoli esseri come noi
viaggino nel buio
senza un palese percorso
né un fine in vista.

Eppure ci sono state occasioni che ricordo
sotto lo stesso cielo
quando le ossa del corpo si sono fatte luce,
e la ferita del cranio
s'è aperta a ricevere
i raggi freddi del cosmo
e sono state, per un istante,
esse stesse cosmo,
ci sono state occasioni in cui riuscire a credere
che fossimo figli delle stelle
e che le nostre parole fossero fatte della stessa
polvere che fiammeggia nello spazio,
occasioni in cui riuscivo a percepire la levità del respiro,
il peso di un'intera giornata
giunto a un punto di riposo.

Ma stasera
è diverso.
Intimidito dal buio
in cui insieme vaghiamo, o svaniamo,
immagino una luce
che non ci permetta di separarci troppo,
una luna segreta, o uno specchio segreto,
un foglio di carta,
qualcosa che potresti portare con te
nel buio
quando io sono lontano.

                                                        di Mark Strand




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