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domenica 13 ottobre 2019

Dal profondo della notte


Dono


Io parlo dagli abissi della notte.
Dagli abissi dell’oscurità io parlo
Dal profondo della notte.
O amico, se vieni a casa, porta per me una luce
E una piccola finestra,
da cui guardare la gente 
del vicolo felice



                                   di Forugh Farrokhzâd




Forugh Farrokhzâd (1935 - 1967) o semplicemente Forough,  solo con il nome proprio, come viene chiamata per affetto nel suo paese, è stata una delle voci più intense del panorama artistico e letterario del XX secolo. Spirito libero, intellettuale raffinata e poliedrica, con le sue poesie sfidò i rigidi e complessi schemi culturali e religiosi del suo paese, l’Iran, diventando un punto di riferimento dei movimenti di emancipazione femminile di tutto il mondo. Poetessa, traduttrice, attrice e documentarista, pagò il prezzo della sua fiera libertà con una vita privata tormentata, negli affetti e nella salute. Nel 1965 l’Unesco realizzò due cortometraggi sulla sua vita, che si interruppe bruscamente due anni dopo, all’età di soli 32 anni, a causa di un terribile incidente stradale a Tehran. 


Se c'è una poesia capace di raccontare come può essere la vita di una donna - per me - è proprio "Dono" di Forough Farrokhzâd.

Una donna parla da un luogo buio come la notte, profondo come un abisso. E chiama un amico. Gli chiede di portare una luce, perché lì dove vive non ce n'è. Ma non basta.

Una richiesta ancora ha da fare, una di quelle che si possono fare solo nella poesia: una piccola finestra... 

La vista pure è prigioniera, reclusa, separata. La felicità è la fuori, in un vicolo, ma lì dove vive Forough, dove molte donne vivono, non solo in Medio Oriente, nemmeno una finestra si apre sulle vite degli altri.

Solo il profondo della notte.

2 commenti:

  1. Oh, poesia intensissima.
    Avevo scritto un bel commento, ma poi nel pubblicarlo si è cancellato e mi scoccia un po' perché non ci sarà più tutta l'intensità di prima.
    La cosa che mi ha colpito di più in assoluto è stata quel "se" che mi fa sentire l'incertezza del poeta:
    La sua speranza sembra fioca come la luce che chiede, come se fosse certa che in realtà nessuno verrà.
    Ma lei spera e non smetterà di sperare. Basta una fioca luce, ma non verrà nessuno e siccome nessuno verrà, a questo punto chiedo l'impossibile, una finestra non per vivere, ma per almeno osservare la felicità, essendo certa oramai di non poter provarla. Ma spera e spera.
    Chissà... come sempre la poesia mi fa vedere tra le sue righe me stesso e non tanto ciò che il poeta vuole scrivere. Ormai non è più un problema, sono solo io e il mio rapporto con l'arte.
    Grazie professore di mantenere la poesia nella mia vita ora che sto studiando solo di numeri.
    Un abbraccio,
    L.R.

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    1. Luca, grazie del tuo commento. Un'osservazione acuta la tua, sull'immagine della finestra, la più intensa e convincente della poesia.

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