Ti amo, mio pugnale d’acciaio intarsiato,
Compagno gelido che abbaglia.
Un georgiano per la vendetta ti forgiò,
Un circasso ti affilò per la battaglia.
Una bianca mano a me ti ha donato
In segno di ricordo nella separazione,
E la prima volta non sangue da te colò,
Ma una tersa lacrima-perla di afflizione.
E fissando i neri occhi su di me,
Ricolmi di segreto dolore,
Come il tuo acciaio sul tremulo fuoco,
Erano a volte buio, a volte splendore.
Datomi per compagno, pegno muto d’amore,
Su di te il viandante può contare:
Come te, come te, amico mio d’acciaio,
La mia anima è salda e non potrà cambiare.
(1838)
di Michail Jur'evič Lermontov traduzione di Paolo Statuti da:
https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/04/13/quindici-poesie-di-michail-jurevic-lermontov-1814-1841-tradotte-da-paolo-statuti-con-presentazione-di-antonio-sagredo/

La vita breve, intensa, influenzata dal modello byroniano – che plasmò l’involucro esteriore dell’uomo, fatto di orgoglio luciferino e sprezzante cinismo –, si riflette in componimenti dominati da eroi solitari, da esclusi e proscritti alla costante ricerca di un riscatto. Le loro passioni titaniche vivono sullo sfondo di una natura visionaria che spazia dalle vette innevate e dai fiumi vorticosi del Caucaso alla Spagna di Don Juan o alla Scozia di Ossian, dalla Palestina ardente alla Russia dell’epos popolare, richiamando così le remote contrade care ai romantici inglesi e tedeschi.
Summa degli eroi di Lermontov è il Demone, creatura ribelle e dannata che cerca la salvezza in un amore impossibile. All’eroe di tenebra per eccellenza, e agli altri mondi simbolici e paralleli che gli fanno da cornice in questa antologia – quello del gioco a carte, ovvero l’alea dell’esistenza; quello delle maschere, ovvero il vuoto delle apparenze; quello di un Oriente affocato, ovvero i deserti dell’anima –, Tommaso Landolfi, lui stesso «perenne forestiero» della vita, presta una prodigiosa vena lirica e un dettato di assoluta musicalità .
(dal sito Adelphi https://www.adelphi.it/libro/9788845920899
La poesia Il Pugnale di Lermontov non può essere apprezzata se non la si colloca nello scenario del Caucaso, dove il poeta russo si trovò più volte a combattere in scontri feroci ... il Caucaso, dove la storia si è divertita a mescolare etnie e popoli, linguaggi e religioni in una manciata di terra il cui paesaggio è altrettanto variegato: dai ghiacciai eterni ad aree semi desertiche, dai pascoli di montagna alla foresta pluviale.
Circassi, Ceceni, Azeri, Cosacchi, Ebrei della montagna, Ingusci, Georgiani, Osseti ed Armeni. Moschee, cupole ortodosse e sinagoghe, ed ogni valle un'usanza diversa, diversi costumi, ospitalità sacra e ferocia di briganti, coltelli sguainati ed amori che bruciano, passioni subitanee e vendette eterne.
Questa terra misteriosa e straordinaria fu raccontata da Erodoto. La attraversò Jan Potocki lo scrittore polacco che conversava con Marat e De Maistre, un gentiluomo viaggiatore che conosceva l' ebraico, il greco, il latino, l' arabo, e quasi tutte le lingue moderne. un illuminista attratto dalla sapienza occulta della cabala e dei testi ermetici.
Vi giunse anche Alexandre Dumas fra il giugno 1858 e il marzo 1859 per raccontare una delle tante guerre sante che in quelle terre si sono combattute, aspramente, senza pietà a volte. "Il cimitero degli invasori", in questo modo Dumas definisce questa terra, che è l'incubo di chiunque voglia tracciare confini o stabilire frontiere, perché le cose degli uomini non stanno dentro a linee tracciate troppo nettamente.
Come il pugnale di questa poesia, forgiato da un Georgiano per la vendetta e affilato da un Circasso per la battaglia, ma anche pegno di amore che stilla terse lacrime dal colore di perla.
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