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mercoledì 16 ottobre 2019

nelle estreme difese dalla Tenebra



Il mattino, Caspar David Friedrich (1821-1822)


La quiete

Quando il gallo cantò e suonò la falce
ti promisi destandomi una lode,
o benefica. Ed ecco il mezzogiorno
è chiaro, e batte in me un'ora ispirata.

Ristoratrice, come la panca della casa
cui il combattente pensa nel lontano tumulto
della battaglia quando gli piombano le braccia
e riposa nel sangue il ferro urlante -

così sei tu, consolatrice amica.
E al disprezzato doni la forza del gigante:
sorride degli sguardi nobileschi,
della stridula lingua della vipera -

nella valle di viole dove il bosco 
bisbiglia oscuro, trova il sonno, ebbro
d'ispirazione e di futuro, e intorno
gli alita, veste d'ali, l'innocenza.

Lo consacra nel sonno il prodigio di pace
perché nel labirinto agiti strenuo
la face e avanzi aspro il suo vessillo
nelle estreme difese dalla Tenebra.

Si leva pronto. Scende più severo
lungo il rivo alla baita. E l'opera divina
 germina nella grande anima. Ancora
una primavera, poi sarà compiuta.

E qui l'eroe t'innalza grato l'ara
o riposo mandato dagli Dei.
E sorride d'ebbrezza come il sole
che si diparte. Attende il lungo sonno.

S'accosteranno i figli alla sua tomba
con un brivido alto come a quella
del sapiente, del grande che riposa
nell'isola dei pioppi sussurranti.

                                  
                                        di Friedrich Hölderlin


Nessuno come lui, come Hölderlin ovviamente. Va bene... Forse qualcuno, pochissimi comunque.

Un'ode alla "quiete", al riposo mandato dagli Dei scorre lungo un perfetto accordo di suoni, una partitura studiatissima, degna di una sinfonia, un'armonia che ancora riusciamo a cogliere, anche nella eccellente traduzione di Enzo Madruzzato.

Alla quiete dunque si rivolge il poeta, al riposo, dono degli Dei che attende il combattente e spetta al Disprezzato, l'attende l'eroe sorridendo d'ebbrezza come il sole/che si diparte.  

Quanto è lontana questa quiete dalla moderna ansia del rilassarsi, del sospendersi come in una camera iperbarica, lontani da ogni tumulto, da ogni fatica, da ogni compromissione con i bisbigli oscuri, eppure rivelatori del bosco. L'uomo contemporaneo è ossessionato dal riposo, lo insegue affannato e non lo raggiunge mai davvero, perché la sua essenza è l'ebbrezza d'ispirazione e di futuro, non l'oblio dei mangiatori di loto.

Se per noi moderni la quiete è anzitutto assenza di pericolo, la poesia di  Hölderlin evoca la quiete che ristora nel tumulto stesso della battaglia, quando al combattente le braccia si fanno stanche della lotta e riposa nel sangue il ferro urlante. Non l'uomo pago del plauso e del consenso di tutti  trova il prodigio di pace, ma il Disprezzato - figura dell'uomo poetante - che sorride degli sguardi dei potenti e della stridula lingua della vipera e che percorre i sentieri poco battuti del bosco, dove trova il sonno in cui solo può trovare la sua consacrazione ...

perché nel labirinto agiti strenuo
la face e avanzi aspro il suo vessillo
nelle estreme difese dalla Tenebra.





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