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domenica 9 giugno 2019

... ma che cos'è questa conchiglia?


Nella poesia Rakovina (La conchiglia), scritta nel 1911, il poeta si paragona ad una conchiglia senza perle, gettata sulla riva della notte. Per entrare nel segreto del mondo interiore a cui essa può guidarci è da qui che bisogna partire: da questa precisa immagine, dalla forma che l'autore ha scelto perché noi provassimo a seguire i suoi passi. Cercare subito l'altro senso, il paradigma e l'allusione, l'analogia e la chiave dell'enigma ci porta lontani dalla immediata, necessaria, esperienza di questa immagine: una conchiglia vuota gettata sulla riva della notte. Gettata non deposta, gettata  come le cose che si dimenticano o di cui non si ha bisogno o che non ci interessano (forse non ti sono necessario), gettata come la vita a volte ci getta lì dove non saremmo mai voluti andare.
Scontrosa e impassibile è la notte a cui Osip Mandel’štam si rivolge; essa ora gonfia di schiuma le onde, ora canta scontrosa: due mondi che si toccano ma senza benevolenza alcuna, indifferenti l'uno all'altro. La conchiglia, con il suo guscio a spirale o dalla geometria frattale, solido, delineato da una forma immutabile e le acque della notte, fluide, mutevoli, prive di un volume proprio: ora ruggenti di schiuma ora risuonanti di una voce scontrosa.
In obbedienza ai principi del movimento acmeista, del quale fu uno dei massimi esponenti ed uno dei più lucidi teorici, Mandel’štam crede che vada rivalutato come positivo il carattere sostanzialmente inconoscibile nella realtà: bisogna guardare e accettare questo mondo nella sua totalità, positiva o negativa che sia. Non a caso a proposito di tale attitudine la poetessa Sofija Parnok ha parlato di «pathos della concretezza».
In questa prospettiva non siamo chiamati a decifrare il significato allegorico della riva della notte, anzi Mandel'stam ci invita a diffidare di questa strada. La riva della notte è il mondo/la vita e la sua natura è tutta in quella impassibilità con gui gonfia le onde e nel suo canto scontroso : questa è la sofferenza e allo stesso tempo la nuova forza del poeta acmeista: esistere e accettare interamente l’esistenza.
La conchiglia inutile non può decifrare i segreti della notte, ma nel momento in cui rinuncia a questa pretesa ecco che la vita si avvicina, si fa inseparabile. Solo allora la notte amerà la bugia dell'inutile conchiglia, se ne ammanterà come di un abito prezioso e sacro e soprattutto  la colmerà di schiuma che bisbiglia, / ricolmandola di nebbia, vento e pioggia.
Jean Giono ha saputo cogliere questo aspetto della ispirazione poetica quando scrive che l'uomo è come il fogliame attraverso il quale bisogna che passi il vento perché questo canti. 
Ecco schiudersi il miracolo dell'ispirazione poetica: il guscio di un cuore inabitato sarà riempito di un bisbiglio, di nebbia vento e pioggia. Risuonerà infine la notte del canto fragile dell'umile conchiglia e di tutto il suo amore per l'impermanenza delle cose, di tutto il suo desiderio della lontana eternità.

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