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lunedì 22 luglio 2019

TIME ... Thought I’d something more to say





Scorrono via i momenti che rendono un giorno noioso
Sciupi e sprechi le ore in modo insolito
Tirando calci a un pezzo di terra nella tua città natale
Aspettando qualcuno o qualcosa che ti mostri la via.

Stanco di vivere al sole, resti a casa a guardare la pioggia
Sei giovane e la vita è lunga e c’è tempo da ammazzare oggi
E poi un giorno scopri che ti sei lasciato dietro dieci anni
Nessuno ti ha detto quando correre, hai perso lo sparo di partenza.

E' la traduzione del testo di Time, una canzone dei Pink Floyd scritta da Roger Waters e contenuta nell'album The Dark Side of the Moon (se volete sentirla in versione 'remastered' mentre leggete queste righe eccola qui https://www.youtube.com/watch?v=JwYX52BP2Sk  e non dimenticate di usare un buon paio di cuffie).

Non ci siamo forse noi in queste parole? Noi che misuriamo il tempo con le date del calendario? Il primo giorno di ferie, il compleanno dell'amico, l'ultimo appello della sessione estiva. Un elenco che potrebbe allungarsi con facilità, un pi greco dell'umano sforzo di "segnare" il tempo. Che ne sappiamo noi del "silenzioso cuore del non-tempo" di cui ha parlato Mario Polia a proposito dello haiku di Onitsura?


Ogni poeta che abbia scelto di percorrere la linea d'ombra, che corre tra le cose che ci sono attorno e la nostra esperienza di esse, ci invita a passare - per usare un'espressione di Cristina Campo - dalla vista alla percezione. C'è infatti uno sguardo di tutti i giorni, utile e necessario nelle faccende di tutti i giorni: è lo sguardo che pesa, misura, definisce tempi e spazi; fa bilanci, mette in ordine, classifica, distingue, a volte elimina oppure compra. Ciò che chiamiamo vista è ciò che si usa nelle relazioni di lavoro, tra conoscenti e vicini di casa. Tale senso agisce essenzialmente attraverso un meccanismo di 'riduzione' dell'ignoto (nel tempo e nello spazio) al fruibile. Non è usato tale termine nell'accezione meramente negativa di manipolazione o di appropriazione utilitaristica, in quanto l'orientamento nel tempo e nello spazio è una capacità fondamentale non solo per la sopravvivenza, ma anche per poter agire ed esercitare un accettabile livello di libertà.

La riduzione che la vista opera dell'ignoto al fruibile presuppone tuttavia il rischio della perdita, a volte dello smarrimento, fino alla dissipazione. Ciò è in particolare evidenza nel celebre carme in cui Orazio invita al carpe diem a cogliere l'attimo propizio, poiché il tempo è un invida aetas, un essere invidioso ed ostile, qualcuno di cui non ci si può fidare. A volte non dipende nemmeno da noi, il tempo fugge e inganna, come la canzone Time dei Pink Floyd mostra molto bene.

 Come allora  afferrare il punto di intersezione tra l’eterno e il tempo? E' davvero possibile tenere insieme il primo giorno dell'anno, quello in cui tutto è possibile perché tutto comincia, e il vento che da mille anni spira tra i pini? Come passare dunque dalla vista  alla percezione ?

Dobbiamo seguire il personaggio di Dante smarritosi nella selva oscura, per cogliere nitidamente tale differenza: è di certo grazie alla vista che l'exul immeritus può muoversi nella selva selvaggia orientandosi nei suoi meandri tortuosi e aspri: scorge un colle le cui balze gli appaiono vestite già de’ raggi del pianeta/che mena dritto altrui per ogne calle e verso quel colle muove i suoi passi con lena affanata. Avverte l'alba incipiente, quando il sole si appresta a scacciare le tenebre, decifra il dileguarsi dell'oscurità e il lento, ancora incerto,  avanzare della luce. Finché è dentro la selva la vista è ciò che gli serve, ciò che lo fa sopravvivere. Ma non basta.

Temp’era dal principio del mattino, 
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle 
ch’eran con lui quando l’amor divino 
       mosse di prima quelle cose belle; 

Su quel preciso momento dell'anno (la notte del Venerdì Santo, la notte della apparente sconfitta del Bene, in cui nulla ha significato) e su quell'ora indimenticata in cui tutto è in gioco si sofferma ora la mente del Dante narratore, dopo che è tornato dal suo viaggio attraverso i tre regni. E' lui che con sguardo ormai diverso percepisce, ricorda e vuole dircelo ... che in quella notte il sole si trovava in compagnia di quelle stelle/ch’eran con lui quando l’amor divino/mosse di prima quelle cose belle, ovvero quando le stelle si trovavano nella stessa posizione in cui erano quando, agli inizi dei tempi, Dio aveva creato l'Universo. L'inizio del viaggio di Dante è in consonanza con l'inizio della vita stessa; la energia irradiata in quel momento, in cui la Natura stessa non era ancora, è la stessa che ora si riverbera nel Cosmo per il suo viaggio. Entrambe le vicende sono guidate da un identico principio di amore che con la stessa intensità ha a cuore il dispiegarsi dell'Universo e la salvezza del poeta.

Ecco, la percezione nasce dall'essersi messo in viaggio e sopratutto dall'aver creduto ad un poeta come lui, Virgilio, l'amato maestro, la cui voce lo ha guidato al sentimento che la propria storia, il proprio tempo non è solo la notte oscura


Quanto ad afferrare il punto di intersezione tra l’eterno e il tempo,

si tratta di un’occupazione da santo,

non tanto un’occupazione ma qualcosa che è donato e ricevuto,

in un morire d’amore durante la vita,

nell’ardore, nell’abnegazione e nell’abbandono di sé.


                         Thomas S. Eliot, da: Quattro Quartetti



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