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martedì 9 luglio 2019

Troiani di Costantino Kavafis


Troiani


Sono, gli sforzi di noi sventurati,
sono, gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani.
Qualche successo, qualche fiducioso
impegno; ed ecco, incominciamo
a prendere coraggio, a nutrire speranze.

Ma qualche cosa spunta sempre, e ci ferma.
Spunta Achille di fronte a noi sul fossato
e con le grida enormi ci spaura.

Sono, gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani.
Crediamo che la nostra decisione e l'ardire
muteranno una sorte di rovina.
E stiamo fuori, in campo, per lottare.

Poi, come giunge l'attimo supremo,
ardire e decisione se ne vanno:
l'anima nostra si sconvolge, e manca;
e tutt'intorno alle mura corriamo,
cercando nella fuga scampo.

La nostra fine è certa. Lassù,
sulle mura, già è iniziato il lamento funebre.
Dei nostri giorni piangono memorie, sentimenti.
Pianto amaro di Priamo e d'Ecuba su noi.

                                                                                                               di Costantino Kavafis


Parla di noi questa poesia, dei nostri giorni e delle nostre speranze. Come sulla piana di Troia anche oggi divampano - seppure per un attimo - il coraggio e la fiducia, poi si spengono e sopraggiunge il freddo sconforto. Kavafis nei suoi versi ha colto molto bene la grandezza dell'Iliade, in cui la miseria di tutti è espressa senza dissimulazione né disdegno e "tutto ciò che è distrutto -scrive Simone Weil - è rimpianto".
Come i Troiani, tuttavia, non possiamo rimanere a guardare indifferenti dalle alte mura, bevendo alla coppa del cinico.

 stiamo fuori, in campo, per lottare...

Come se dipendesse da noi stornare una sventura già scritta.

E' vero, sovente la vita prende le sembianze di Achille massacratore e risuonano i nostri tempi come le sue grida che gelano il cuore. Tra sconfitte, delusioni, ferite ci muoviamo anche noi, a volte come chi saltella nel fango, evitando le carrozze, attraverso quel mobile caos dove la morte arriva galoppando da tutte le parti. Vacilleranno alcuni, nella fuga altri cercheranno scampo e qualcuno anche, saldo sui piedi, restituirà colpo su colpo, almeno per un po'...

Non è questo che fa la differenza.

Non è questo che ricorderanno gli aedi e i poeti

Sono quelli che uscirono in campo, lasciandosi dietro le ampie porte Scee: quelli siano i nostri maestri.


Nota sulla traduzione: ho seguito la traduzione di Filippo Maria Pontani, tranne al secondo verso dell'ultima strofa dove ho preferito tradurre l'originale ο θρήνος come "lamento funebre".






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